La fattispecie portata alla cognizione dei giudici di Bruxelles, riferendosi ad avvenimenti realizzatisi nell’anno 2014, era sottoposta alle disposizioni dettate dal Codice doganale comunitario e dalle sue disposizioni di applicazione; e sui presupposti giuridici sanciti da queste ultime è stata giudicata.
Dallo scorso 1° maggio vige la disciplina articolata nel nuovo Codice doganale dell’Unione e nei relativi regolamenti di integrazione e di applicazione; e partendo proprio da tale recente novella proporremo una breve disamina del sempre intricato concetto di “valore in dogana”.
L’architettura generale dell’istituto è rimasta sostanzialmente inalterata, anche se meglio delineata, in riferimento sia ai criteri di individuazione, sia ai criteri di determinazione del valore.
Il concetto di base rimane l’identificazione del valore imponibile in dogana con “il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, eventualmente adeguato”.
Il prezzo effettivamente pagato o da pagare comprende la totalità dei pagamenti eseguiti o da eseguire come condizione della vendita delle merci importate dal compratore a una delle seguenti persone:
- il venditore;
- un terzo a beneficio del venditore;
- un terzo collegato al venditore;
- un terzo quando il pagamento a quest’ultimo è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore.
La norma specifica che i pagamenti possono essere fatti, per via diretta o indiretta, anche mediante lettere di credito e titoli negoziabili.
Anche la vigente normativa rifugge l’equazione valore di fattura = prezzo effettivamente pagato o da pagare = valore in dogana; equazione che, qualora si rivelasse applicabile, non terrebbe in considerazione alcuna una serie di elementi che influiscono direttamente sulla determinazione del valore in dogana, pur essendo, di norma, estranei alla fattura commerciale che espone il semplice prezzo di vendita dei beni, concordato tra le parti.
La formula matematica, più complessa, che correttamente illustra il valore in dogana è, dunque, la seguente: valore di fattura + elementi che integrano il prezzo effettivamente pagato o da pagare – elementi da escludere dalla determinazione del valore in dogana = prezzo effettivamente pagato o da pagare = valore in dogana.
Laddove tra gli elementi da considerare ad integrazione del prezzo dei beni (solo in quanto a carico del compratore e non computati nel calcolo del prezzo di vendita) le commissioni e le spese di mediazione, escluse le commissioni di acquisto; il costo delle matrici e degli stampi utilizzati per la produzione dei beni importati, se forniti direttamente o indirettamente dal compratore, senza spese o a costo ridotto; i lavori di ingegneria, di sviluppo, d’arte e di design, i piani e gli schizzi eseguiti in un Paese extra-UE e necessari per produrre le merci importate; i corrispettivi dei diritti di licenza e delle royalties relative ai beni da valutare; le spese di trasporto e di assicurazione dei beni fino al luogo di introduzione nel territorio doganale comunitario.
Mentre tra gli elementi da escludere dalla determinazione del valore in dogana rammentiamo le spese di trasporto dei beni dopo la loro introduzione nel territorio doganale comunitario (quindi, le spese di inoltro dei beni dl luogo di sdoganamento al luogo di destinazione finale); le commissioni di acquisto; i dazi e gli altri oneri corrisposti al momento dell’importazione, ovviamente.
In estrema sintesi e con le doverose cautele che ogni ardita semplificazione comporta, questa la fisiologia della determinazione del valore in dogana dei beni importati.
Ma l’autorità doganale può non ritenere congruo il prezzo esposto in fattura e trasposto nella dichiarazione di importazione; senza arrivare, per ciò solo, a configurare ipotesi evasive o fraudolente che rivestono profili di natura penale.
In tali ipotesi, occorre procedere ad una nuova determinazione del valore dei beni; il rischio di possibili (e deprecabili) distorsioni di traffico, conseguenti all’applicazione di criteri difformi o, peggio, contrastanti da parte delle singole autorità doganali, è stato scongiurato dal legislatore comunitario grazie alla definizione di criteri standard di ricostruzione del “prezzo effettivamente pagato o da pagare”, applicabili nell’ordine tassativo in cui li espone il Codice dell’Unione, che qui fedelmente riportiamo:
- il valore di transazione di merci identiche, vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;
- il valore di transazione di merci similari, vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;
- il valore basato sul prezzo unitario al quale le merci importate, o merci identiche o similari importate, sono vendute nel territorio doganale dell’Unione nel quantitativo complessivo maggiore a persone non collegate ai venditori; oppure
- valore calcolato, eguale alla somma:
- del costo o del valore delle materie e delle operazioni di fabbricazione o altre, utilizzate per produrre le merci importate;
- di un importo rappresentante gli utili e le spese generali, pari a quello che comportano generalmente le vendite di merci della stessa qualità o dello stesso tipo delle merci da valutare, realizzate da produttori del paese di esportazione per l’esportazione a destinazione dell’Unione;
- del costo o del valore degli elementi di cui all’articolo 71, paragrafo 1, lettera e), ovvero spese di trasporto, di assicurazione, di carico e di movimentazione.
E se ciò ancora non fosse sufficiente?
Se nessuno dei criteri astrattamente previsti dalla norma risultasse applicabile alla fattispecie in esame?
“Se il valore in dogana non può essere determinato a norma del paragrafo 1, esso viene determinato, sulla base dei dati disponibili nel territorio doganale dell’Unione, mediante mezzi ragionevoli compatibili con i principi e con le disposizioni generali:
- dell’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio;
- dell’articolo VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio;
- del presente capo”.
Il principio di equità (metodo fall-back, così denominato dal legislatore comunitario) soccorre sempre.
Siano consentite alcune brevi considerazioni in materia di valore, che esulano dalla fattispecie oggetto del contenzioso in esame, in quanto di recente introduzione, ma che rischiano una considerazione inferiore a quella che effettivamente meritano.
“Il valore di transazione delle merci vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione è fissato al momento dell’accettazione della dichiarazione doganale sulla base della vendita avvenuta immediatamente prima che le merci venissero introdotte in tale territorio doganale”.
Ovvero: il valore imponibile in dogana da indicare nella dichiarazione di importazione è determinato sulla base dell’ultima vendita precedente l’attraversamento del confine comunitario.
Fino al 31 dicembre 2017 il valore di transazione delle merci può essere determinato sulla base di una vendita anteriore, se la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana è vincolata da un contratto concluso prima del 18 gennaio 2016.
Qualora non siano quantificabili al momento dell’accettazione della dichiarazione doganale, momento nel quale viene cristallizzato il valore di transazione, l’autorità doganale può autorizzare, previa richiesta degli operatori, la determinazione degli importi che costituiscono il valore in dogana, nonché quella degli importi degli elementi da addizionare o sottrarre al valore di transazione per calcolare il valore imponibile.
Mentre quest’ultima possibilità era riconosciuta anche dalla previgente normativa, la prima costituisce una vera novità del Codice unionale, suscettibile di importanti applicazioni (si pensi, ad es., alla determinazione anticipata del valore in dogana di transazioni tra società controllate o collegate, che applichino sistemi di transfer pricing).
Condizioni oggettive per il rilascio dell’autorizzazione:
- l’applicazione dell’istituto della dichiarazione semplificata comporti un costo amministrativo eccessivo;
- il valore in dogana così determinato non differisca eccessivamente da quello applicabile in assenza di autorizzazione.
Condizioni soggettive per il rilascio dell’autorizzazione:
- il richiedente non sia incorso in violazioni gravi e ripetute della normativa doganale e fiscale;
- utilizzi un sistema contabile compatibile con i principi contabili vigenti e che favorisca eventuali audit doganali;
- disponga di una idonea organizzazione amministrativa e di un sistema di controllo interno che permetta di individuare le transazioni illegali o irregolari.